lunedì, giugno 08, 2009

La Paura




Cari Confratelli,
voi siete i nostri abituali confidenti e per questo, quando il dovere episcopale ci spinge a dire qualcosa, ci rivolgiamo a Voi, i più vicini, i più amati, i più degni.
Nel 1959, il 18 gennaio, vi indirizzavamo una lettera dal titolo strano: «I complessi di inferiorità». Ci siamo riletti quella lettera, alla quale non abbiamo da togliere una parola e siamo stati tentati di farne un'altra più ampia edizione, dato che nel frattempo avevamo esperimentato altri incredibili complessi di inferiorità e danni e distruzioni autentiche, prodotti da essi. Ma abbiamo pensato e ritenuto più logico parlare di una causa principale dalla quale scaturiscono, come da sorgente prima, detti complessi. Essa è LA PAURA.
Costituisce la causa che, a nostro modesto giudizio, ha la più grande esterna incidenza sugli avvenimenti dei quali siamo spettatori e, forse, presaghi.
Scriviamo a voi, perché anche altri leggano. Offriamo uno specchio, nel quale ciascuno può guardarsi senza peccare di vanità; se lo specchio rivelerà qualche deformità, non sarà colpa nostra. Siamo convinti di rendere un servizio.
La PAURA viene catalogata generalmente tra le passioni di «FUGA» non di attrazione e suppone molte cose: costituzione debole, psicologia anemica, sensibilità esagerata, amore del proprio benessere, errore di valutazione, assenza — almeno in gran parte — della virtù della fortezza. La quale genera il «CORAGGIO» vero e formidabile contrapposto della paura.
E' confortante che nessun Santo sia arrivato agli altari, senza aver dimostrata prima una forte dose di coraggio.
Le radici del coraggio non affondano in un terreno di nobiltà e di sovranità intellettuale: nel caso generano un albero che serve a nulla. Però di questa mercanzia ignobile oggi è pieno il mondo.

La paura ha una sua furbizia
Bisogna individuare questa deteriore forma di logica.
Generalmente produce una «RAGIONE», quando non approfitta della folla, nella quale si mescola volentieri, perché la folla equivale all'anonimato e l'anonimato permette sempre di affermare a suo tempo la ipotesi, la tesi, la parte vincente. Infatti adduce la prudenza.
Naturalmente quando la conosce. La prudenza ridotta contro la verità alla sua prima parte che è deliberazione, ossia sondaggio, ricerca, esame, comparazione, ricerca di consiglio e di luce, permette di tirare le cose in lungo, di far perdere le tracce, di aver un alibi e di potere orientarsi a suo tempo verso la soluzione comoda. Non è prudenza quando si limita ad uno solo dei suoi elementi: è voluta inconcludenza per arrivare al profitto della tela mulino.
La paura si paraventa dietro la «CARITÀ'». E' assai strano come il nostro tempo (nel quale la provvidenza burocratica statale sostituisce tutte le forme di dedizione personale, le più vaghe ragioni alla obbedienza, il rispetto alla collettività invece che anzitutto alla persona) abbia bisogno di coprirsi continuamente colla « carità ». Naturalmente i falsi laici la chiamano «solidarietà», ma si rifanno a quella.
Comunque la «carità» serve da scusa alla paura. Non si fa questo per non spegnere il lucignolo che fuma (quando magari sono veri incendi in corso); non si fa quello per non dar dispiacere ad una creatura, lasciandone andare a ramengo chissà quante; non si reagisce per non aggravare il peccato di quelli che non osservano la legge di Dio; si chiudono gli occhi per non disturbare la eventuale «buona fede» del delinquente e... così via.
E' solo questione di paura, ma di una paura, che sa essere dialettica e che può colla dialettica fare impressione.
Il bene comune è un notevole paravento per mascherare la PAURA. Tanto più che moltissimi ne hanno una idea talmente vaga da poter essere imbrogliati con facilità estrema da un tale motivo solenne ed arcigno. A fare, a non fare questo o quello si turba l'ordine, la reverenda opinione pubblica, la pace, la tolleranza, soprattutto si aizza alla reazione. Le parole servono, ma non coprono la PAURA.
E' dietro alle spalle degli altri che la paura ha una straordinaria abilità di paraventarsi. Si scaricano barili, si riversano le colpe sugli altri, si addebita tutto ai superiori invece di assumersi le proprie responsabilità, si danno botte ai comandanti e, quando si è o si crede di essere superiori, si danno botte agli inferiori. Qualche volta le spese le fanno i «tempi che corrono», i difetti acquisiti dagli altri dai quali mai ci si dovrebbe lasciar condizionare, le correnti (come si fa ad andar contro corrente?, dicono), i galletti che più cantano quanto più hanno il cervello piccolo Questa è una vera pagina di gloria!
Lo schermo molto amato della paura è la MALIGNITÀ. Si accusa, si calunnia magari in piccole cose, si inventano difetti altrui, si conoscono le segrete intenzioni di tutto (che solo Dio conosce) e si può dire perché mai uno abbia detto o fatto «questo», si è a giorno dei risvolti più segreti dei fatti (e di qui nascono enormi montature, persino assassine), si montano scandali, si apre la porta ad ogni invidia o gelosia... Tutto viene bene a chi ha paura.
Si arriva, per la stessa strada, alla NEGAZIONE della realtà. Non è vero che ci siano eresie, non è vero che ci siano decadimenti di disciplina, non è vero che si faccia peccato in questo ed in quello, non è vero che i tali libri siano scritti in mala fede, non è vero che la ragione dello svuotamento delle vocazioni sia il poco buon esempio, non è vero che esser mondano sia più di una apparenza... E' vero niente se si tratta di coprire la vergogna della propria debolezza ad agire, a reagire, a difendere, ad affermare, a fare il proprio dovere.
Abbiamo conosciuto persone che schermavano la propria incapacità a prendere posizione ferma, ove questa era necessaria, in nome della loro pietà, della loro ascetica. Levavano gli occhi al Cielo! Anche il Cielo! Che brutto uso ne fanno taluni!

La paura ha le sue conseguenze
Non sono poche, non si verificano tutte insieme, ma ci sono e ci sono in proporzione della responsabilità sociale dei singoli. I piccoli ad aver paura non fanno troppo danno, ma i più grandi ne fanno ed anche molto.
La più evidente conseguenza della paura in campo sociale è la prostituzione della propria personalità. La folla fa paura, quelli che gridano fanno terrore, quelli che contestano danno le vertigini, quelli che possono bastonare mandano a nascondersi. Si diventa piccini, insensati, creduloni, consenzienti, cortigiani, venduti; che rimane di questa tanto vantata personalità? In tale modo i grandi imbroglioni dei popoli fanno i loro affari sulle spalle dei medesimi; dicono: «smidolliamo, impauriamoli, teniamoli sotto il piede; ci obbediranno, ci lasceranno fare e noi regneremo su dei morti di paura». Rispettata la libertà umana dal Creatore, per questa via passano molti castighi delle colpe.
La paura è la grande tenutaria del banco pegni del genere umano ed è una responsabile delle tensioni oggi esistenti del mondo. Va da sé, per non oltraggiare la verità, che a sua volta la paura è conseguenza del peccato. Le più grandi commedie si fanno per paura, una parte dell'interesse dimostrato ai guai decantati nel genere umano sono frutto di paura e la vicenda in questo settore è tale e tanta che bisogna pur trovare del comico anche nelle tragedie!
Il discorso potrebbe diventare lungo, ma invitate a meditarlo tutti coloro che fanno ignominiosamente i vassalli e i valvassori. Sono molti.
Una notevole conseguenza della paura è la RABBIA contro quelli che non hanno paura e fanno il proprio dovere. La rabbia è cosa «canina», spuma, sbava, si fa ributtante. Arriva ad uccidere, almeno moralmente. Si tratta di una rabbia che ama prendere alle spalle, che mente e si avvolge nella ipocrisia. Le vittime di questa rabbia non sono molti per effetto della crisi di coraggio. Gli impavidi sono piuttosto pochi!
Si pensi alla paura introdotta nella educazione da coloro che, avendola, finiscono con l'inculcarla agli altri. Sono assurdi taluni metodi, i quali colla vantata pretesa di lasciare tutto all'autodeterminazione, in realtà abbandonano alla schiavitù del branco, traducibile in ogni forma di complesso, di minorazione, di vergogna e di sofferenza inutile. E' un discorso questo da riprendersi, quando ne verrà l'occasione.
Ed ora passiamo ad esaminare in modo specifico alcune determinate «paure» che imperversano nel nostro tempo.

La paura della opinione pubblica
E' una devastazione. La fanno tutti e finché la fanno tutti, ossia sorge naturalmente dallo spontaneo comportamento e dalle spontanee relazioni sociali, non sarebbe così tirannica. Potrebbe paragonarsi al «mare lungo» quando le ondate si stendono senza innalzarsi con creste minacciose ed incombenti. Il guaio è che l'opinione pubblica, oggi, non è più per larga parte spontanea. Almeno quella immediata, la quale è poi quella che eccita i moti inconsueti della azione collettiva. L'artificio è dovuto ai mezzi di comunicazione sociale, grande benedizione quando percorrono vie giuste, terribile veleno quando percorrono e si stendono secondo orientamenti erronei e maligni.
Molti uomini aventi responsabilità, anche gravi, la subiscono in modo impressionante.
I principali facitori della opinione pubblica sono coloro che o a titolo d'editori o di finanziatori o di scrittori e redattori, hanno in mano gli strumenti di stampa e televisivi.
L'opinione pubblica, oggi in genere artificialmente montata, crea gli eroi, i grandi scrittori anche se non lo sono, i disgraziati, le vittime, i partiti, le fazioni, gli orientamenti. Con tale potenza essa ingenera la paura. I movimenti dei popoli e non solo dei popoli sono tutt'altro che spontanei ed il rapporto tra opinione pubblica artificialmente creata e sommovimenti anche tragici in seno alle nazioni appare ingigantirsi di giorno in giorno. Si direbbe che la opinione pubblica è il sintomo più indicativo della vita e della convivenza democratica. E' meglio non illudersi; sarebbe così se la opinione pubblica non fosse manovrata ed artificiale. Quando è, come oggi nella maggioranza dei casi, manovrata, le leve si nascondono e forze anonime anche diaboliche finiscono col disporre degli eventi. Tanto diciamo non perdendo di vista che la Provvidenza è giocata da nessuno ed ordina al servizio del bene anche tutto il male.
Il peso della opinione pubblica anche sulla disciplina ecclesiastica è notevole. Si richiede uno stretto collegamento colla Autorità, una presenza ed un pronto intervento della stessa, per evitare sbandamenti e sfasature. Infatti la opinione pubblica manovrata può portare a depressioni collettive, a stati d'animo di rassegnazione, a immobilità fatalistica, ad anestesie complete. Nel nostro paese la Stampa cattolica è ridotta ai minimi termini e salvo alcune isole nelle quali mantiene una coraggiosa vigoria non è tale da ritenersi veramente capace di impedire completamente gli stati d'animo sopra evocati.
Effettivamente la storia recente del nostro paese ha conosciuto abili operazioni di anestesia, invano denunciati.
I nostri cari Confratelli debbono stare assolutamente attenti, perché la opinione pubblica lavora in modo sordo e continuo sul cervello di coloro che non si difendono positivamente, mettendo in campo un forte, nutrito e obbiettivato senso critico. E' il momento in cui, tenuto conto che il senso critico necessario non è di tutti e forse neanche di troppi, occorre guardare semplicemente a fari di indiscussa fede e di altrettanto indiscussa fedeltà a Cristo Signore e a Chi lo rappresenta in terra.
Non si dimentichi che l'effetto maggiore delle grandi guerre sono una forma di esaurimento collettivo che può arrivare alla incapacità collettiva di giudicare serenamente dei fatti e della verità loro, nonché ad una forma di collettiva sfumata pazzia. Della quale si avvantaggiano i furbi manovratori della pubblica opinione.
Stiamo scrivendo della paura e per una strana apparente contraddizione dobbiamo invocare una sufficiente paura per difendersi dal gioco combinato tra l'artificio e le conseguenze di una guerra inutile a tutti, dannosissima a quelli che l'hanno voluta, terribilmente degradante per la dignità e libertà della umanità intera.
E tuttavia non abbiamo torto ad averne parlato per dire che molte paure, inoculate non sono da fondamento obbiettivo e creano dei complessi di inferiorità dai quali è bene guardarsi.
L'opinione pubblica crea i miti e i miti soggiogano. Ne parleremo appresso. La opinione pubblica può spingere a pazzie, può anestetizzare movimenti, passioni ed audacie nobili, può neutralizzare leggi, parlamenti, governi di ogni sorta, può innalzare uomini fino al cielo e gettarne altri agli abissi, creare la sfiducia come la fiducia, ottenere capitolazioni prima che si siano cominciate le guerre. Si noti, noi stiamo parlando della opinione pubblica ARTIFICIALMENTE MANOVRATA.
Essa si inserisce nella condotta dei molti singoli, i quali, prima di fare qualunque anche giustissima cosa, si domandano sempre «che ne dirà la gente». Dopo di che non son più essi a prendere delle decisioni responsabili.
Una conclusione è evidente: i mezzi di comunicazione sociale debbono avere da noi la massima e più impegnata attenzione. L'opinione pubblica può riempire e svuotare le Chiese, dare valore al Catechismo ed irriderlo, può far credere tutto il contrario di tutto e scarnificare i buoni principi inoculati dalla educazione.
E' l'opinione pubblica che pone ogni uomo dinanzi alla tremenda alternativa: essere persona, o scomparire nella massa. Storia che stiamo vivendo.

La paura della verità
Non viene mai enunciata, perché chiunque si vergognerebbe di averla. Ma ha una capacità dominatrice e costrittrice più forte della opinione pubblica.
La ragione è semplice.
La verità raramente coincide col comodo degli uomini, colle ispirazioni della loro debolezza, colle esigenze del loro orgoglio, della loro sensualità e delle loro facili abitudini.
Poiché la verità è di natura sua assoluta, si è creato un ambiente culturale, anche sedicente teologico, che la riduce in forme relative, deformabili, sostituibili.
Si ha paura della verità come della prigione.
Molte forme aberranti nella vita privata e pubblica sono effetto di questa paura. Tutti coloro, che aspirano alla disonesta dominazione degli uomini, fanno conto su questa paura ed è questo aspetto che occorre capire a tempo.
Nessuno da più fastidio di coloro che seguono e proclamano la verità: disturba i sonni ritenuti placidi, dà il tremore alle veglie orgiastiche.
La verità brucia tutti gli orgogli, umilia tutte le smisurate ambizioni, contrasta i propositi di vendetta: è odiosa, ma prima dell'odio incute paura.
Tutti coloro che vogliono cambiare la Chiesa per farne un'opera delle loro deboli mani e dei loro caduchi destini, tentano di deformare la verità e questa è la prima ragione della confusione teologica. L'errore, la interpretazione relativistica dà la illusione di «aggirare» la verità. E' questione di paura.
I deboli che non hanno capacità di fare la salita delle virtù temono la verità e tengono bordone più o meno cosciente a quanti la tradiscono.
Il modo più semplice per diventare inviso a mezzo mondo è «dire solo la verità». Ma è anche il modo necessario per servire a questo povero mondo nelle sue immense miserie: abbracciarla e seguirla. Essa impone delle scelte, che possono equivalere al martirio.
In conclusione: esiste la paura della verità perché pone un freno alla licenza, un limite all'orgoglio, un calmiere alla sbrigliatezza intellettuale, soprattutto perché essa impedisce di essere secondo le mode e le debolezze del mondo.
La verità non è odiata solo dalla paura, ma anche delle altre fonti di odio alla verità. Non è qui il momento di parlarne.

La paura del soprannaturale
C'è ed è grande, persine folle.
E' tanto maggiore quanto più il soprannaturale incombe; ogni fatto, ogni cosa, ogni problema portano al margine del mistero. Si direbbe che tutto costituisce intorno a noi come una grande parete, la quale ci impedisce di vedere ed esperimentare oltre, ma che «oltre» risuona d'un'onda la quale si perde nell'infinito e nell'eterno. Se il Mistero non fosse presente neppure incuterebbe paura.
L'oltre-natura per noi sorge dal «mistero» ed il «mistero» costituisce per noi il più vicino e naturale richiamo al soprannaturale.
La paura c'è per tre principali motivi: perché la verità è superiore a noi, perché si perde nelle tenebre, perché in qualche modo, per chiunque, ci attende. Non potendo distruggere i motivi, si nega e la si nega per paura di essa.
La parola di Dio viene anatomizzata (scientificamente, si dice) per distruggerla; se ne ha paura e si ripete il gesto compiuto dagli Ebrei nel deserto, quando chiesero a Mosè di sbrigarsela lui col Signore in modo da non avere comunicazioni dirette terrorizzanti. Ma se c'era motivo di impaurirsi d'un monte che fumava, d'una misteriosa caligine, non pare ci sia ragione di aver paura del ristretto numero di persone che leggono alcune Riviste e partecipano ad un convegno perduto nell'ombra. La paura del piccolo gruppo, della piccola chiesuola!
La Rivelazione Divina viene ridimensionata, per paura e soggezione di un certo autore straniero, si sfumano Dogmi, quasi se ne tacciono altri, non ne mancano che sono ridotti ad un mero «aspetto»; si nega alla Rivelazione il diritto di avere una dimostrazione storica (scientificamente possibile); così la si sfuma, si piace alla Scuola A e B, al presunto mondo protestante, che non ci fa alcun serio caso, e se ne prepara la cancellazione totale o quasi nel relativismo.
E' paura, perché l'aria porta così. Se l'aria cambierà, cambieranno anche loro e c'è da pregare Dio perché il cambiamento significa «FEDE»!
Perché gettano via Tabernacoli, cancellano Santi dalle pareti, non accettano la immagine della Santissima Vergine ed applaudono vere bestemmie di cemento? Anche il ridicolo serve a distruggere il soprannaturale del quale si ha paura; più del ridicolo serve il silenzio. Si arriva alla follia di render soggetto Iddio ad una nostra legge limitativa chiamata «trionfalismo» (sarebbe interessante conoscere l'origine di questo termine; diciamo la «vera» origine) e si spoglia tutto, tutto si rende sciatto e misero. Spogliato Dio nel suo culto, col trionfalismo, si vestono loro e forse anche, se la spassano.
E' l'odio latente, anche se non esplicito, al soprannaturale, per le solite eterne ragioni miserabili.
E' bellissimo vedere i puritani che si scandalizzano davanti ad un asserito miracolo od a qualsiasi manifestazione soprannaturale. Se ci si trovano loro, credono anche alle ombre di notte. Che il rispetto dovuto al Signore imponga una assoluta serietà di procedura prima di ammettere un fatto soprannaturale; che si adottino le più severe misure perché non si scavalchi la sentenza di chi la può dare e non si lascino dilatare le facili leggende, SIAMO TUTTI d'ACCORDO. Ma che ci si scandalizzi, prima di ogni esame ossia a priori, come se il Creatore non avesse la libertà di comunicare colla Sua creatura, per dargli certezze e grazia, non è possibile ammetterlo.
Si tratta della paura di non essere in sintonia coll'aria che tira!
E' pietoso lo stile di chi non perde occasione per dimostrarsi moderatamente scettico, se non spudoratamente cinico innanzi ad ogni manifestazione spirituale, devota, pia, nel falso miraggio di rivestire le spoglie di un qualche tipo alla Talleyrand.

La paura dei potenti
E' la meno disonesta delle paure e talvolta diventa perfettamente ragionevole a talune condizioni.
Ma la paura ingiustificata è sempre una minorazione.
I potenti, capaci di incutere timore ci sono e il fatto piuttosto nuovo rispetto ai secoli precedenti è che i potenti minacciosi si sono moltiplicati. Il potere politico, salvo il caso in cui sia dittatoriale e tirannico, non è più solo. Altri poteri sono comparsi all'orizzonte, creati dal danaro, dai collegamenti più o meno visibili, dalle clientele politiche, da taluni tipi di associazioni, create magari per difendere i deboli e che possono diventare loro oppressori. La tecnica favorisce tutti i soprannominati, i furbi, i faziosi, i detentori di qualunque leva del potere. Se ci si lamentava di un padrone, ora ne abbiamo a dozzine. Tutto questo non giustifica affatto le balorde teorie sulla liberazione e la rivoluzione permanente, perché l'una e l'altra mirano a creare un dominio indiscusso sugli altri uomini. Questa frantumazione del potere civile o politico, questa moltiplicazione dei potentati non la si combatte che con la sanità delle leggi e la profonda educazione morale sostenuta dalla Religione. Se questo rimedio UNICO sia nella mente degli operatori di questo mondo, o quanto lo sia, giudichi chi legge.
Si comprende allora che qui non parliamo soltanto del servilismo, del conformismo col quale molti deboli si allineano per paura ai potenti di turno. Parliamo di un fatto più generale ma impressionante, per cui l'opinione pubblica, le famiglie, coloro che hanno responsabilità, coloro che debbono pensare al futuro, sono avvolti da una ansia, spesso indecifrabile, come se si potesse diventare prossimi a qualcosa di orribile e di nefasto.
La constatazione che la tecnica può mettere sotto controllo le azioni anche più personali e private, intercettare le comunicazioni, crearne di nuovo tipo inafferrabile, dare mezzi per distruggere senza lasciare tracce e che tutto questo può cadere in mano di pochi spietati e vili, costringe talvolta ad accettare una vita alla quale non manca il pane e la sicurezza.
La visione che le possibilità della tecnica obbligherà la politica a scegliere altre vie, forse più dure, rivoluzionando la idea stessa di convivenza civile, che sarà ben difficile il governo di una società in cui i singoli o i più furbi e disonesti tra i singoli potranno stringere in mano gli strumenti del potere, spinge o a tremare o a gettarsi nelle mani di Dio. E' una dimostrazione ab absurdo che i fatti offriranno al Creatore.
Una volta tanto, ripetiamo, non possiamo dare tutti i torti alla paura; ma dovrebbe essere salutare per far riflettere gli uomini il fatto che tutti i valichi sono minati dalla loro mano stessa e che altro non rimane se non ritornare pienamente alla Parola di Dio, alla Sua Legge ed al Suo Amore. Il fremito che pervade la umanità, disposta tuttavia a diversi livelli, nella prevalenza di beni materiali su beni spirituali, rende fosco l'avvenire.
Una cosa deve essere affermata: tanto minore è la paura nelle cose di questo mondo, quanto maggiore è il distacco da esse.

La paura ingenerata dalle mode
Le mode sono forme di costume in genere che toccano tutto l'arco del comportamento umano, più o meno ragionevoli ed estremamente labili. Possono essere di origine artificiale (pubblicità, etc.), possono avere una origine abbastanza collettiva ed anonima. Esercitano un impero vero e proprio, ben superiore alla loro consistenza, ragionevolezza, utilità.
La paura della quale parliamo è quella di non conformarsi alle mode, raccogliendone meraviglie fastidiose, disprezzo, dileggio, animosità, scarto. Questo tipo di paura in genere rende assai ingiusti verso coloro, che non le subiscono e salvaguardano la loro giusta libertà. Infatti l'effetto delle mode è di restringere il campo della libera scelta, nonché per talune tra esse di rendere veramente colpevoli, seguendole. L'influenza della moda è tanto maggiore quanto più si partecipa alla vita sociale e quanto più si ha bisogno del qualsiasi consenso od applauso da parte degli altri.
Il pericolo nel campo ecclesiastico è grave.
Gli abusi nel campo liturgico e disciplinare, tutt'altro che disprezzabili, sono frutto di mode.
Per quanto possa sembrare strano e azzardato, le licenze anche colpevoli in campo dottrinale, hanno tra le loro cause, non unica, la moda. Se la moda non accetta che si ripeta, si inventa. Se la moda condanna al lebbrosario chi non la accetta, ci si tinge in qualche modo. Senza badare affatto alla verità.
La moda universitaria delle facoltà umanistiche (meno per quelle di diritto) è largamente soggetta all'effato: «il fatto costituisce il principio», donde lo storicismo, nonché la sopravvivenza del periodo gentiliano (con qualche eccezione) di mezzo secolo innanzi, col quale tutto poteva diventare relativo. La vicenda dalla caverna è passata ai cunicoli… e li inquina.
La paura delle mode col conseguente soggiacere ad esse, la si vince col distacco dai beni che esse, le mode, sembrano procurare.

La paura dell'ambiente
L'ambiente è il complesso, fatto di luoghi, persone, cose, regolamenti, prassi, tradizioni, in cui si vive, dal quale si riceve molto, che può diventare necessario, al quale si può restituire molto.
La funzione dell'ambiente può essere formativa, protettiva, completiva in modo serio ed equilibrato.
La stessa funzione può diventare esageratamente direttiva, una sorta di plagio, oppressiva o per difetto proprio od anche per complesso di inferiorità in chi la subisce. In tal caso l'ambiente arriva ad istillare principi, idee, orientamenti, inibizioni, tipo di educazione o di maleducazione, odi, fanatismi.
Da tale descrizione si può capire come possa esistere una paura dell'ambiente in cui si vive e come tale paura possa spingere tanto al delitto quanto al terrore.
Nessuno può affermare che sempre l'«ambiente» debba fuggirsi, perché di un qualche «ambiente» tutti abbiamo bisogno, pena il rendersi introversi, fastidiosi ed incomunicabili.
La questione sta nel come ricevere dall'ambiente gli elementi positivi, scartandone, nella giustizia, quelli deformanti od oppressivi moralmente. Si tratta di cosa complessa.
Infatti per l'equilibrato rapporto col proprio ambiente occorrono anzitutto le doti di relazione: sincerità, semplicità, modestia, generosità, pazienza, prudenza, letizia. In secondo luogo necessita una serenità interiore di giudizio, poiché tutto si rompe quando si giudica male il prossimo, fermo restando che un tale giudizio non resta mai segreto.
In terzo luogo, specialmente quando si tratta di ambienti nei quali prevale la forza bruta e l'interesse nonché la strumentalizzazione materiale, occorre il dominio delle proprie reazioni. Esse devono essere trattenute ed, a seconda dei casi, calcolate, comandate, sorvegliate, represse. C'è una impassibilità necessaria per superare gravi asprezze di ambiente. Costa tale impassibilità, ma gli effetti di una reazione spontanea e forse generosa sono certamente più costosi, talvolta nefasti.
Gli ambienti ora descritti, fanno paura. Questa paura la si vince e si allentano anche i tentacoli dell'ambiente che la istigano, coi mezzi ora descritti.
Ma l'ambiente prende troppo spesso oggi un nome caratteristico: la FOLLA! La folla crea un mondo psicologico suo ed imprime nei componenti moti di sentimento, altrettanto suoi. Salvo coloro che hanno raggiunto una forte e ferma personalità, tranquilla nella sua stessa consistenza, l'uomo immerso nella folla perde tanto della sua personalità quanto più numerosa è la folla. La riduzione arriva al tamponamento della coscienza, allo scatenamento degli istinti, alla paralisi della azione, al nulla. E' un modo speciale di esistere della PAURA.
La folla schiaccia, comprime, atterrisce, imprime direzioni pazzesche, annienta la coscienza dell'«io».
La folla dà alla «minaccia» il cupo rimbombo dell'abisso. Che può fare chi ha dietro di sé una famiglia? La voce di chi tiene qualche leva del potere, tanto più se anonimo, è più terribile che i boati dell'Olimpo.
La folla si sfoga nei cortei. Li stiamo osservando da più di trent'anni, perché passano tutti sotto la nostra finestra e noi non perdiamo lo spettacolo. Passano i fanatici, seguono i poveri costretti che trascinano i piedi nella più classica posa della rassegnazione.
La folla — cosa ben diversa dal «popolo» — è lo strumento più facile per stritolare l'uomo. Riducete una società a folla ed è finita. Le assemblee, nel clima odierno, sono in genere il surrogato della folla; unica diversità: che non si ci muove nello spazio.
E' così soprattutto che noi viviamo in un mondo fatto di paura.
Perché la paura ispirata dall'ambiente diventa ben presto epidemica.
Tutto questo ci mette davanti ad uno degli aspetti più umilianti e preoccupanti della nostra età, dato che si verifica a tutti i livelli, soprattutto ai livelli dai quali dipende la vita sociale e civile.

Paura dell'esercizio del proprio dovere
II dovere, come la verità, fa dei nemici. Si ha paura di questa evenienza e tanto porta moltissimi a lasciare inevasi in tutto o in parte i rispettivi doveri.
Cioè: si lascia la propria linea o addirittura la si abolisce per agire secondo impulsi istintivi od impulsi di ambiente, si dimentica tutto per seguire la indicazione dei galletti che cantano alto; si guarda a destra e a sinistra per determinare la azione non secondo la legge ma secondo parametri di convenienza e di compromesso.
Abbiamo sentito raccontare, da chi era vicino al fatto, come il nostro Venerato antecessore Magnasco aveva concluso secco il colloquio con un parroco, il quale voleva assicurarlo di non avere noie, nemici, fastidi di sorta: «E' segno che non fate il vostro dovere». Era un Uomo che, parole di tale forza, aveva il pieno diritto di pronunciarle!
La paura ha il potere di fermare il dovere da compiere a tutti i livelli. Essa tenta di risparmiare nessuno.

La paura nelle comunità
Abbiamo conosciuto molte Comunità durante il nostro lungo sacerdozio ed episcopato: crediamo di dover discorrere dell'argomento, perché ha manifestazioni tali da compromettere spesso non solo carità e giustizia, ma educazione, formazione e fecondità nell'apostolato.
Si penserà alla paura dei Superiori. Non è di questa che intendiamo parlare perché in tutti i tempi c'è stata, meno che nel nostro tempo. In tutti i modi è una paura passeggera e bene spesso non giustificata. Noi parliamo della paura tra conviventi nella stessa comunità, tra confratelli, tra compagni. Il nostro sguardo arriva alle Comunità Religiose, ai Seminari, ai collegi. Questa paura prende anche la fisionomia del rispetto umano, ma anche questo è forma sottilissima e grave di paura.
L'autorità, il valore, la spiritualità, il prestigio del Superiore può annullare questa paura; ma dalla nostra esperienza diremmo che ciò accade in non troppi casi.
Quali le cause più comuni?
Prima causa è la deficienza delle virtù di relazione: sincerità, chiarezza, lealtà, generosità, carità, perdono, soprattutto umiltà. Questa è la virtù che le custodisce tutte.
Segue il tentativo di coloro che vogliono fare il primo della fila, il capocoro e talvolta per riuscirci ricorrono al motteggio, al fuoco di fila degli scherzi maligni, alla spregiudicata irrisione, alla critica, alla violenza anche solo morale. E questi riescono tanto quanto sono deboli i superiori. Sono i «galletti». Mancando questi succedono i sornioni, mormoratori, capaci colle loro mormorazioni a mezza voce di isolare chi vogliono finché non ci si arrende alla loro guida. Vengono poi i soggetti strani, originali, che se sono presi sul serio servono a seminare zizzania. Gli «altri» a poco a poco diventano guardinghi, poi consenzienti, poi muti, chiusi nella omertà e nel disprezzo che covano in cuore.
Quanta gente si è rovinata così. Per tutta la vita!

La paura dei difetti altrui
E' difficile aver da fare solo con santi in perfetta tenuta. Ciò significa che troveremo dei difetti in coloro coi quali dobbiamo trattare. Taluni difetti sono innocui per chi li scorge e onerosi per chi li alimenta. Altri possono eccitare reazioni piccole o violente in noi quando li esperimentiamo: la vanità, l'alterigia, la spavalderia, la menzogna, il disprezzo... Quando sorgono le reazioni non è questione — almeno per il momento — di paura. Ma è opportuno acquistare un dominio di sé, tale da padroneggiare in modo assoluto tutte le emergenti reazioni ed agire a suo tempo solo in modo calmo ragionevole e, soprattutto, onesto. Tutti questi difetti «condizionano» noi, se permettiamo a loro di condizionarci. Il che sarebbe debolezza.
Ma vi sono difetti che fanno paura: parlar forte, la minaccia, la pubblicità sleale, la impostura, la ambizione, il ricatto, il maneggio sornione e malevolo, il sussurro, la mormorazione, la calunnia. Al colpo di tali balestre, molti cadono. E' la paura che vince. Bisogna ammettere che in taluni casi per evitare la paura bisogna arrivare quasi alle soglie dell'eroismo!
Chi si sente vicino a Dio, chi parla con Lui spesso nella orazione, chi crea in tal modo intorno a sé una atmosfera libera dalle nebbie degli uomini, crediamo possa non aver mai paura.

La paura di sé stessi
E' complicata, ma esiste. Si ha paura di sentire l'anima, la coscienza, di leggere in essa il richiamo superno, il vuoto reale della vita, il severo confronto con principi, magari sempre rinnegati e sempre di ritorno, accusatori. E si fugge, moltiplicando il rumore, le variazioni, il movimento. Se si arriva alle porte dell'anima si sentono calori repellenti: reazioni dolorose, aspirazioni brucianti, vanità deluse, soddisfazioni... amare. Se tutto questo turba i sogni, costringe a vegliare, ci sono i sonniferi: il grande rimedio offerto dalla materia!

Cause più comuni della paura
La prima causa è la nostra piccolezza: davanti al cosmo, al futuro, alle tenebre, all'ignoto; ci sentiamo piccoli e valutiamo persino mostruoso quello che abbiamo di fronte. Il nostro orgoglio, che spesso annulla quanto ci sta di fronte, talvolta lo ingigantisce.
La piccolezza la si cura colla grandezza. Chi è in pace con Dio, chi parla con Lui nella orazione, non si sente grande, ma è appoggiato alla grandezza.
Altra causa è la debolezza del temperamento: è la più comune. La cura seria della vita spirituale, la familiarità cogli esempi forti, la consuetudine coi migliori di noi, soprattutto la fiducia nella Divina Provvidenza: ecco i rimedi.
Tra i difetti più comuni, alcuni sono veri e continui generatori di paure su tutto l'arco della vita: l'invidia, la gelosia, l'ambizione, la mala intenzione: con questi tutte le foglie tremano.
La mancanza di controllo sulle reazioni nostre crea naturalmente la paura delle controreazioni, anche in modo esagerato.

Il divino incitamento contro la paura
A tutti coloro ai quali Dio ha affidato una missione, ha anzitutto raccomandato di «non aver paura». Così ha fatto e ripetutamente con Abramo, staccato dalla sua terra e mandato incontro all'ignoto in una regione sconosciuta (Gen. 15,1; 26,24); con Mosè incaricato di portare via un popolo intero dall'Egitto, contro la volontà del Faraone (Es. 2,12 segg.); con Giosuè che doveva compiere la conquista di Canaam (Deut. 31,8); con Giobbe, il più grande paziente dell'Antico Testamento (Job 5,21). Nei profeti il richiamo è continuo, nel solo Isaia per ben 17 volte ricorre l'invito «non avere o non abbiate paura».
Agli Apostoli, che dovevano affrontare un mondo corrotto ed avverso senza alcun sussidio umano, Gesù perentoriamente intima: «Non abbiate paura di loro» (Matt. 14). Quando raggiunge camminando sulle acque i Discepoli in navigazione sul lago ed erano sbattuti dalla tempesta, simbolo e figura della tempesta di tutti i tempi e di tutte le circostanze, il Salvatore li ammonisce col tono del Dominatore di tutto: «Ci sono io! Non abbiate paura».
Queste parole, anche se non vi sono scritte possono idealmente leggersi sul frontone di tutte le Chiese e di tutte le costruzioni che albergano le opere del Signore!
Nei salmi, che raccolgono il sospiro dettato da Dio per tutti i tempi e per tutte le situazioni, la affermazione del coraggio risuona continua nei salmi della implorazione della speranza e della vittoria: «Non temerò i popoli numerosi» (3, 7); «non temerò i guai» (22, 4); «non avremo timore mentre tremerà la terra» (45, 3); «non ti lascerai cogliere dal timore della notte...» (90,5).
La lettura del Vecchio e del Nuovo Testamento si riassume in un incoraggiamento dato da Dio all'umanità. L'incoraggiamento è valido, perché il Signore tiene in mano il principio e la fine delle cose, l'ordito della storia e la munificenza della Sua grazia.

Conclusione
La paura è la più grande forza in un mondo civile, che il progresso ha abituato a vivere comodo ed a sentire tutte le attrazioni della pigrizia.
La paura è il più grande strumento di dominazione degli uomini, sia in alto che in basso. E' un'arma vile, sempre. Il timore è un'altra cosa e può essere virtù.
Le comunità nazionali in parte sono rette dalla paura e Dio non voglia che il loro numero aumenti.
La paura attiva, ossia quando è artificiosamente eccitata come mezzo per un fine, non è la sola paura ignobile. C'è la paura passiva, quella che è recepita per carenza di convinzioni, di rettitudine, di sacrificio, di Fede. E' la paura passiva che svuota il contenuto della Autorità e toglie a troppi uomini l'onore di compiere il proprio dovere.
Per paura si abbracciano e si propalano errori, per paura non si dà a Dio quello che si deve a Lui solo.
La ignobiltà della paura tocca il massimo della ignobiltà dove si dimentica che la paura non dovrebbe avere posto — a certi punti — in questo mondo perché è ben grave aver paura dell'altro, ossia del giudizio di Dio. Al quale nessuno sfugge.
In effetti coloro che hanno paura del Giudizio di Dio, non riescono ad aver paura degli uomini.
La forza più grande che impera oggi nel mondo è la paura. Abbiamo scritto per rendere avvisati coloro, dei quali siamo responsabili davanti a Dio!

1 commento:

Anonimo ha detto...

Gli uomini non cambiano la sostanza ,ma solo la forma,2000 anni fa,non era forse peggio di ora?